SUPERCOULOIR DEL TACUL DIRETTO - feb 2024 (con RELAZIONE)

 


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alle prese coi pansotti dei fratelli Porro


in uscita dal primo tirone del diretto

alle prese con il "boulder" del secondo tiro dell'attacco diretto


gaudio e sole all'entrata della parte alta del Supercouloir




tempo buono (per i canoni scozzesi ..) nella parte alta del super


l'Arata ormai ibernata sull'ultimo tiro del Super


alle prese con uno scarpone dispettoso che non vuol saperne di entrare

le magnifiche condizioni del diretto


Il supercouloir del Tacul è una salita che ho da subito sognato appena ho iniziato a fare ghiaccio e a frequentare il Monte Bianco. Nel 2014 con Giovanni sono riuscito a salirlo attaccando dai primi tiri del Pilier Gervasutti (vedi post). L'attacco diretto ci sembrava una roba estrema da superpro. Così armati di scarpette e carichi come asini con tutta la roba da ghiaccio, ci siamo confrontati col bel granito del Pilier. 
Non era stata certo una passeggiata tra il peso sul groppone e la roccia a tratti innevata. Guadagnare il ventre della fredda goulotte era stato un momento magico. 
Dieci anni dopo con Ali saliamo all'invernale del Torino in una giornata di meteo abbastanza infame con vento forte e nevischio.
Nell'invernale siamo solo noi e tre belgi e stiamo benone. I ragazzi sono motivati e simpatici e parlando lingue a caso riusciamo a capirci. Due di loro parlano italiano benone! 
Ci nutriamo con gusto con i lussuosi ravioli di borragine e pansotti dei fratelli Porro al burro fatti nel Reactor e ci buttiamo in branda. 
Sveglia generale concordata alle 4 del mattino. Ci alziamo senza troppo entusiasmo nel freddo dell'invernale. 
"Che palle.." dico io e mi fanno eco i ragazzi (ormai espertissimi in italiano) "Che palle! Che palle!". E ridiamo tutti. Effettivamente fuori il vento ulula nell'oscurità e le prime ore della giornata non si prospettano proprio piacevoli. Poi ci salutiamo e andiamo ognuno verso la propria meta.
Il vento è insistente e ci spara in faccia cristalli di neve. A tratti si fatica a tenere gli occhi aperti.
Con gli sci con un po' di attenzione traversiamo il ghiacciaio e raggiungiamo il grande pendio nevoso sotto il Supercouloir. Le raffiche a volte sono proprio forti e ci viene il dubbio se non ci sia davvero troppo vento.
All'alba supero la terminale con un tirone e un po' di conserva e faccio sosta alla base del primo vero tiro dell'attacco diretto. Le condizioni sembrano davvero super!  
La Ali fa un tirone da sessanta metri su ghiaccio e polistirene magnifico e ripido ma con protezioni tutto sommato buone. 
Proseguo per una facile goulotte che finisce con un "boulder" in strapiombo. Protezioni buone, movimenti atletici e una discreta assenza di piedi. Mi ribalto oltre lo strapiombo e sono nel couloir vero e proprio. Che spettacolo!
Non c'è quasi più vento e un tiepido sole mi scalda in sosta mentre ammiro il nastro ghiacciato in mezzo ai bellissimi pilastri di granito rossastro.
Il couloir è in bellissime condizioni, a tratti sottile ma lavorato e con ghiaccio morbido. Tre cordate partite dalla Midi ci seguono ad una certa distanza. 
A tre tiri dalla fine però il meteo diventa più di stampo scozzese con vento molesto e nevischio.
Il meteo e due tiri appoggiati su ghiaccio un po' più duro mettono a dura prova l'Arata. 
Essendo lei concepita dal costruttore per il terreno tecnico e verticale, sul ghiaccio facile ma faticoso va in error. Sale da seconda come un rottame e riesce anche a rovinarsi la libera integrale imbelinandosi (cadendo, Ndt) su un tratto a cinquanta gradi. Arriva alla penultima sosta in stato confusionale e parziale ipotermia nonostante i dodici strati di vestiti che ha addosso. 
Prosegue nonostante tutto da prima sull'ultimo tiro e come per magia, sul verticale riprende a scalare fluidamente. 
Arriviamo così in coppa in mezzo ad un vento funesto. Salire in vetta oggi è davvero un affare da polacchi e senza ripensamenti buttiamo giù rapidamente le doppie. 
Arrivati agli zaini subentrano nuove sfide per l'Arata! 
Prima di tutto riuscire a rimettersi gli strettissimi scarponi da skialp induriti dal gelo.. Con uno sforzo sovrumano, massimale e doloroso riesce finalmente a rimetterli. 
Poi non si trovano i suoi bastoncini portati via dal vento o da qualche gentiluomo di passaggio. Così risaliamo con calma verso il Torino con un bastoncino a testa.
Il ghiacciaio è quasi deserto mentre il sole cala. 
E ancora una volta il Bianco un po' mi strega. Anche se il suo permafrost e i suoi ghiacciai sono sempre più fragili e c'è sempre più gente e meno poesia.
Al tramonto guardando queste guglie nel silenzio si sente ancora quella magia che ha catturato generazioni di alpinisti.