DIEDRO ROSSO AL CORNO STELLA IN INVERNALE dic 2024

 











il magnifico e gelido Varrone


i primi dubbi sulla scelta di non andare a Siurana


sul primo tiro

paesaggi d'Oc



il diedro nelle prime ore del mattino prende sole.. ma non ora



l'Arata che è entrata in modalità polacca: jumar e saccone sulla schiena forever



ultimo tiro dello zoccolo

L'Arata su un 6b dentro il diedro vero e proprio



io che risalgo in jumar il tiro ingaggioso che porta al tetto


senza casco in modalità supposta


la liberà sarà per un'altra volta


L'Arata vittoriosa  













il lusso dell'invernale del Bozano

il lato a del Corno

Il Diedro Rosso al Corno Stella in inverno è una via a cui spesso abbiamo pensato con Alice. 
Entrambi l'abbiamo salito anni fa ed è sicuramente una delle vie mitiche di queste montagne che noi liguri sentiamo un po' nostre, per quanto non siano poi così vicine.
La sua storia è affascinante a cominciare dalla prima futuristica salita di Ughetto e Ruggeri, che ebbero ragione nel lontano 1961, di questa repulsiva e larga fessura. Risolsero il problema inventandosi in epoca pre- friend, dei cunei di legno ad espansione con una barra filettata. Col loro ingegno resero possibile l'impossibile e tracciarono la prima via diretta sulla parete Nord del Corno.
Il Diedro è da allora un banco di prova per gli alpinisti delle Alpi del Sud italiani e francesi. L'avvento dei friend grandi ha reso poi l'esperienza meno spaventosa e più godibile pur non togliendo il carattere severo della via.
Il grandissimo Patrick Berhault legò il suo nome più di ogni altro a questa via con la sua salita in libera e soprattutto con la sua solitaria invernale portata a termine in condizioni meteo terribili. 
Era la penultima tappa della sua incredibile traversata delle alpi e la parete era incrostata di neve e ghiaccio e sferzata dal maltempo. "Faceva veramente brutto, un tempo da cani e in solitaria è stato veramente il massimo!". 
Nel 2019 arrivò la prima salita in libera d'inverno. Symon Welfringer e Xavier Cailhol incontrarono temperature relativamente miti e grazie al loro livellone superarono il tetto offwidth di 7a+ in libera.
In quello stesso inverno ho salito 4 tiri dello zoccolo da solo per poi ritirarmi. Le condizioni erano buone ma non avevo la giusta carica mentale per affrontare un viaggio del genere.
Sembrerà strano ma a rilanciare quest'idea tutto sommato piuttosto malsana non sono stato io ma Alice.
Diciamo quindi no ai nostri amici diretti verso le calde falesie di Siurana, fedeli alla lotta con l'alpe!
La neve in girò è pochissima e vale la pena provare! Il freddo in compenso è buono ed abbondante..
La sera di Natale, ingolfati di cibo, saliamo col camper fino alle Terme di Valdieri. L'albergo delle terme, chiuso nel buio pesto della notte fa molto "Shining" e l'aria è bella frizzante!
Il giorno dopo incontriamo Cis e Macca e ci sentiamo un po' benedetti dai local per questo malsano progetto.  Poi saliamo con calma al Varrone, che non vede un raggio solare da mesi, forse anni.
Mangiamo in abbondanza, beviamo tisane calde ma non c'è verso di scaldarsi e fuori il vento soffia arrogante. 
Poco prima delle cinque partiamo.
Il vento soffia meno forte di ieri mentre risaliamo il Lourousa che è tutto in neve dura e con tratti in ghiaccio vivo. L'ambiente è piuttosto truce in questa notte senza luna.
Dopo 400m di canale, una trentina di metri di misto su sfasciumi e un diedrino strapiombante raggiungo la prima sosta mentre pian piano inizia ad albeggiare. 
Dal terzo tiro riusciamo a salire senza ramponi evitando la poca neve presente. Io vado avanti in scarponi con un piccolo zaino e Alice segue col saccone in spalla e le jumar.
Come è logico immaginare fa un freddo porco e c'è pure vento però procediamo inesorabili pensando a Casarotto, ai polacchi e alle cecoslovacche. In fondo divertirsi non deve per forza essere divertente!
Fila tutto abbastanza liscio fino al quinto tiro dove non trovo la sosta e faccio un tiro da più di 50m tortuosissimo che concludo strisciando in uno stretto camino tra attriti disumani e con l'ultima protezione lontanissima. Un'arrampicata rude e di pura sopravvivenza che mi porta però ad una buona e comoda sosta alla base del diedro vero e proprio. 
Alice mi raggiunge e passa in testa per i prossimi 4 tiri. Mani nude, scarpette gelate e fessure larghe.
Ancora una volta non c'è troppo spazio per il bel gioco. Si tirano friend, bestemmie e sacconi, si sjumara e si prende freddo ma in qualche modo si sale. 
Sul tiro prima del tetto è saltato un tampone e il friend del 7 farebbe molto comodo. Non avendolo Alice si gode un po' di arrampicata di sopravvivenza alternando dulfer e strisiciate nella larga fessura.
Anche sul tiro del tetto il friend del 7 farebbe molto piacere visto che si fa artificiale su del materiale piuttosto esotico e minimalista e i friend del 6 sono quasi sempre molto aperti e poco rassicuranti.
Tra staffate, strisciate e qualche emozione raggiungiamo una sosta comoda e ottima.  
Salgo quindi l'ultimo diedro di V+ (?!) sferzato dal vento e usciamo sul plateau sommitale illuminato da questo bellissimo e tenue sole invernale con la croce di vetta a pochi passi.
La tensione e le incertezze della salita si sciolgono in questo momento di pace e bellezza.
Scendiamo con attenzione lungo la parete sud mentre il sole tramonta e verso le sette e mezza entriamo nell'invernale del Bozano.
Qui troviamo il lusso più sfrenato con acqua, birra, vino e cioccolato lasciati come servizio a pagamento dal mitico Gestur! Finisce così un'altra splendida avventura su queste montagne che non saranno il Monte Bianco ma offrono degli scenari davvero isolati e selvaggi. Il tutto con Alice e nella stagione che amo di più.