W MEXICO CABRONES - CIVETTA 10 agosto 2023

 



L'Arata entusiasta ma non troppo sul ghiaione

l'immensità

Finito lo zoccolo inizia la fessura 


a me tocca il lavoro sporco , all'Arata lascio la qualità

l'Arata solida sulla fessura oltre il pendolo


il traverso successivo



dal traverso riprende il mio turno. Obiettivo: portare l'Arata (palato finissimo..) sotto dei tiri belli. 

inizio del tiro di VII all'incrocio con la via del Miracolo

tiro molto bello e non banale. Uno dei pochi tiri belli concessimi dall'Arata


il diedro che porta dentro i camini del pilastro

camini, cubetti e laschi. What else?





L'Arata sul bellissimo VII+ sopra il pilastro. 
sul tiro di VIII-. in libera solo l'indispensabile..






l'Arata in forma e entusiasta nei pressi della vetta del Kangchenjunga




Il Civetta è senz'altro una delle pareti che più mi emozionano. Per anni ho sognato di fare il Philipp Flamm e quando finalmente l'ho salito nel 2018 con Alice, il viaggio è stato ancora più emozionante delle aspettative. Sono rimasto innamorato dei luoghi e delle persone. 

La vista della muraglia della nord ovest che si tinge di rosso col sole della sera è qualcosa di unico che anche se non si arrampica, vale la pena concedersi una volta nella vita. Così come la bellissima alba al Torrani, dove ci si sente quasi in cielo, sospesi sopra le nebbie che invadono il fondovalle. 

Scalare la nord ovest è un viaggio sulla sua roccia a volte delicata ma generosa. Ci si muove dentro un monumento a cielo aperto, un architettura rocciosa immensa dove si sono misurati i grandi del passato e del presente. 

Uscito dal Philipp ho chiesto al Venturino de Bona, mitico gestore del Torrani e fortissimo alpinista, se avesse altre vie da consigliare perchè volevo rivivere la bellezza di un viaggio su questa parete.

Lui oltre alle classiche Solleder, Aste e Andrich mi disse che era molto bella Mexico Cabrones senza neanche accennare al fatto che l'aveva aperta lui e in solitaria. 

Due settimane dopo, in una giornata gelida ma stupenda di fine settembre feci la Solleder con Enrico Sasso. Il tarlo per questa parete era ormai entrato nella mia testa. 

Con Alice abbiamo iniziato a leggere i racconti delle salite di Mexico e delle altre vie della nord ovest e a sognare. Nel 2020 finalmente ci siamo sentiti pronti per affrontare Mexico ma al settimo tiro una pietra smossa dalle mie corde le ha colpito il gomito, senza conseguenze serie ma costringendoci a scendere.

Negli anni il pensiero è tornato spesso a questa via ma per un motivo o per l'altro non siamo mai riusciti a combinare.

Effettivamente ci vuole una combinazione magica di tempo libero per entrambi, condizioni psicofisiche accettabili, meteo, parete asciutta, motivazione e qualcuno a cui sbolognare il cane. 

Quest'estate, appena scorgo la finestra perfetta, inizio una lunga contrattazione con l'Arata che ha tutto in regola tranne la motivazione per una salita così lunga e impegnativa.

Io invece sono fastidiosamente rovente, consapevole che un' altra possibilità per farla quest'anno sarebbe stata dura da trovare. Dopo una contrattazione a tratti estenuante, ci decidiamo e partiamo.

E' notte e siamo quasi ad Alleghe quando un giovane cervo salta davanti al furgone e non ho modo di evitarlo. Il povero animale muore sul colpo e il furgone ne esce ben danneggiato. 

Rimaniamo scossi da questo brutto episodio e al momento di partire siamo ben lontani da uno stato d'animo ideale per una salita come questa.

L'avvicinamento alla parete ci rilassa un minimo. Dopo aver attrezzato il primo tiro e lasciato il materiale alla base andiamo al Tissi. Walter e Paola ci accolgono come sempre benissimo nonostante siano super occupati col mare di gente che c'è in rifugio. Scopriamo così che non saremo soli sulla via ma ci saranno anche nientemeno che Ale Baù (un mio mito oltre che la persona che ha fatto praticamente tutto su questa parete. ) con la moglie Claudia e Matteo. Per Ale è la terza volta su Mexico dopo la prima ripetizione e la prima invernale.

Decidiamo comunque di attaccare per primi alle 3 del mattino visto che conosco già i primi 7 tiri e vogliamo provare a uscire in giornata senza materiale da bivacco.

Ale Baù viene quindi al nostro tavolo con un sorriso per un breve colloquio con noi per sincerarsi che non siamo dei completi sprovveduti ignari delle difficoltà della nord ovest. Effettivamente al suo posto anch'io temerei di trovarmi una bella cordata tappo di liguri incapaci che tirano giù macigni tiro dopo tiro. Superiamo in qualche modo il colloquio mostrandoci abbastanza sani di mente e disposti a farli passare appena ci raggiungeranno. 

Ogni anno al Tissi si incontra della bella gente e questa volta oltre ai ragazzi incontriamo Pietro , un alpinista incandescente che condivide la sua grande passione coi suoi figli. C'è una bella atmosfera genuina e di condivisione e la tensione per la salita man mano si scioglie.

Pietro generosamente ci cede il suo letto in una camera tranquilla e ci incastriamo in due per riposare qualche ora. Sveglia impietosa alle due, colazione e alle tre siamo all'attacco. I tiri dello zoccolo  scorrono fluidi nell'oscurità. Le difficoltà non vanno oltre il V+ ma tra il buio e le poche protezioni bisogna comunque stare attenti.

Dopo nove tiri alle 6.30, cedo il comando ad Alice che sale tre tiri magnifici e sostenuti in fessura su roccia super. Un pendolo breve ma molesto ci porta ad una seconda fessura sempre di ottima roccia. Continuo io con un traverso esposto seguito da terreno più semplice fino a ricongiungerci con la via Comici. Seguono vari tiri di stampo classico per fessure e camini fisici (Comici si teneva!).  

 Arriviamo così all'incrocio con la via del Miracolo alle 12.00 dopo aver salito 20 tiri. Salgo un primo tiro di VII molto sostenuto su un bel muro verticale con esili fessure. Continua Alice per un diedro fisico con un' uscita delicata su roccia a cubetti. Riprendo io per quattro tiri fino alla cima del pilastro per camini fisici su roccia non sempre ottimale. Cerchiamo di stare attentissimi per non silurare i ragazzi che sono qualche tiro dietro di noi.

La fatica inizia a farsi sentire e rallentiamo un po' il ritmo. In cima al pilastro la roccia ritorna a essere bella, sono le 16.20 e ci mancano quattro tiri alla cengia. Riparte in testa Alice salendo un primo tiro di VII+ molto bello in fessura. Un lungo tiro di VI+ lungo il quale si trova la nicchia Hilton (possibile posto da bivacco) ci porta ad una scomoda sosta appesa prima del tiro chiave di VIII-. Sentiamo le voci dei ragazzi che si sono riavvicinati in questa sezione.

Il tiro è bagnato in un tratto ma fortunatamente si riesce a passare in artificiale. Alice pian piano guadagna una cengietta dove attrezza con qualche difficoltà la sosta. I minuti scorrono inesorabili mentre un timido sole finalmente filtra tra le nuvole in questa giornata costantemente fredda.

Riparto io ma non capisco subito il passaggio per superare i piccoli strapiombi sopra la sosta. Provo a traversare a destra ma non è la soluzione giusta. Vado infine dritto, pianto un chiodo e raggiungo la cengia del Miracolo. Sono le 19.40 e abbiamo poco più di un'ora di luce. 

Fin qui abbiamo fatto 30 tiri e siamo abbastanza fusi. E' un peccato non fare i quattro tiri sulla cuspide finale ma abbiamo paura di rischiare troppo affrontandoli al buio da tritati visto che la roccia è piuttosto friabile. La decisione è presto presa e rapidamente seguiamo verso sinistra l'esposta ma facile cengia del miracolo. Nel frattempo vediamo Alessandro che sale lungo l'ultimo tiro prima della cengia. Completeranno la salita il giorno seguente.

L'Arata, svuotata dal tiro chiave, ha ormai un livello di lucidità degno di un alpinista che si trascina a 8800m di quota sull'Everest. Il suo unico contributo sono lamentele nei miei confronti.

Raggiungiamo il termine della cengia e un boulder di V+ ci porta fuori dalla parete fino a far sosta sul cavo della ferrata degli Alleghesi.

Il sole tramonta e un vento insistente ci sferza; è tutto bellissimo. Siamo un po' dei rottami mentre saliamo goffamente dalla ferrata moschettonando tutto quello che vediamo. Nonostante tutto in poco più di un' ora siamo al Torrani. Abbiamo avvisato Venturino del nostro arrivo e lui ci accoglie con una doccia di birra stile formula uno, felice che la sua via venga ripetuta. 

E' tutto troppo bello, la stanchezza, la birra, i Pink Floyd,  le stelle fuori dal rifugio, il minestrone e la simpatia di Venturino e di sua figlia Sofia. Finalmente crolliamo nei letti.

Il giorno dopo facciamo colazione con calma e rimaniamo in rifugio con Sofia e il Venturino. Lui non si ferma mai e ci ritroviamo ad aiutarlo in qualche lavoretto. In rifugio c'è sempre qualcosa da fare. Nelle brevi pause ci racconta delle sue salite o di altro sempre con grande umiltà e con l'entusiasmo di un ragazzino. Il tempo scorre senza che ci venga nessuna voglia di scendere.

Torniamo infine a valle portandoci nel cuore tutto questo. Uno degli articoli che si trovano su Mexico è di Giovanni Zaccaria, una guida di Padova che abbiamo conosciuto al Tissi quando abbiamo fatto il Philipp. Si intitola "Alpinismo condiviso, le persone oltre le montagne"  e parla proprio della bellezza di queste montagne e delle persone che vi gravitano intorno.  

E' proprio tutto vero. Pareti ce ne sono tante in giro per il mondo ma atmosfere umane così belle e genuine purtroppo sono sempre più rare.