GROUCHO MARX / PARETE EST GRANDES JORASSES 14-15 luglio 2022

la selvaggia parete est delle Grandes Jorasses difesa da una ghiacciaio piuttosto complesso quest'anno


 




le piazzole da bivacco sopra quello che era il nevaio a banana


L1



L2

L3

L4 col suo tetto che incombe

alle prese col tetto di 7b che ha un blocco estremo e anche in artificiale regala emozioni

dopo una dozzina di trazioni per riuscire a mettere un friend decente per rasparmi fuori dal tetto e qualche metro in libera con attriti disumani guadagno un buon gradino..






la Ali in modalità california risale la corda coi bloccanti

la spettacolare placca fessurata di 6b di L5

ambiente e roccia spaziali


io sulla seconda parte di L5 che abbiamo diviso in due tiri




capolavoro della ALi che supera L6 nonostante il bagnato con un mix libera artificiale molto fastidioso!


una vera e propria cascata sul terzultimo tiro ci sbarra la strada
ormai quasi in fondo!
poco sotto il colle troviamo un bel rivolo di acqua di fusione e un'ottima piazzola da bivacco


la est il giorno dopo. evidenti ancora le colate di acqua che si sono formate sulla linea



Per questa volta lascio l'incombenza del racconto ad Alice che lo ha scritto di getto subito dopo la salita:

Questa salita rappresenta per me una delle più belle avventure in montagna degli ultimi tempi. Ciò nonostante rimane incompiuta.
Partiamo molto presto dal fondovalle intenzionati ad andare a bivaccare sotto l’attacco della nostra via: Groucho Marx alla parete est delle Grande Jorasses.
Partenza di rito in equilibrium e mutande e abbondanti lamentele di rito (sempre soltanto le mie) per il peso dello zaino e il caldo. Ci immettiamo sul ghiacciaio di Frebouze graziati da una giornata nuvolosa e da un rigelo ancora buono. Zigzagando parecchio arriviamo al Colle des Hirondelles, un posto lunare, dalla bellezza struggente, sospeso tra il ghiacciaio di Leschaux, a nord e quello di Frebouze, a sud.
Pietro supera la terminale e dopo qualche passaggio di misto ostico ci troviamo sullo zoccolo della parete. Zoccolo che al momento si guadagna il primato assoluto di pila di piatti e sfasciume indecente.
Dopo poche ora di arrampicata brutta arriviamo alla piazzola da bivacco. Decidiamo di fondere la neve vicino al bivacco ma è grigia e intrisa di pietrisco e nemmeno l’ideona di filtrarla coi calzini marci funziona. L’unica possibilità è prendere l’acqua dai rivoli che si formano nel canale di destra, soggetto a numerose scariche durante il giorno ma dall’apparenza tranquilla all’imbrunire.
L’indomani attacchiamo la via alle prime luci, l’alba è uno spettacolo mozzafiato e il tiepido sole ci accompagna lungo i primi tiri. Il saccone sale abbastanza agile con qualche spintarella qua e là. Pietro supera la lunghezza davvero impegnativa di 7b in misto libera artificiale e passaggi da cardiopalma su chiodi in estrazione.
Terminato questo ostico tiro arriviamo senza troppe difficoltà al diedro battezzato dagli ultimi ripetitori spagnoli “diedro guapisimo”. Si tratta di un tiro effettivamente molto bello di 6c+ in cui sono saltati i copperhead nel tratto difficile. Tocca quindi scalare. Il tratto purtroppo è zuppo cosi come è fradicia la porzione di parete sovrastante. Sopra di noi una vera e propria cascata scende dalla porzione di parete inframezzata dai tetti di uscita. Ci guardiamo preoccupati, l’acqua è davvero tanta. Penso ottimisticamente che se passiamo il diedro guapisimo col suo tratto obbligato, magari dopo in artificiale riusciamo a proseguire. Cosi affronto il diedro con uno stato d’animo misto coltello tra i denti e morte nel cuore. Piazzo un micro all’inizio della sezione difficile, lo testo e me lo tiro in faccia. Lo ripiazzo appena più profondo e supera il test. Supero vibrando il tratto bagnato e arriviamo in sosta. Da qua la situazione sembra persino peggiorare, la cascata sembra addirittura aumentare. Ci guardiamo preoccupati, si palesa in noi l’idea concreta di chiamare l’elisoccorso. Decidiamo però di provare a perdere quota, abbandonando il materiale necessario. La ritirata in doppia è molto complessa ma Pietro conduce le doppie in modo davvero impeccabile. Dopo qualche ora ci troviamo nuovamente alla piazzola da bivacco alla base della parete. Ci attende l’attraversamento del maledetto canale e la discesa di quel cesso di zoccolo. Il tutto inizia sempre più a prendere i connotati della ritirata da Mordor. Con pazienza Pietro conduce la cordata nuovamente al Colle des Hirondelles, scendiamo un tratto di ghiacciaio ma decidiamo di bivaccare nuovamente in quanto il rigelo è davvero scarso.
L’indomani scendiamo a valle prima lungo il ghiacciaio poi lungo il sentiero che conduce nuovamente in val Ferret. Non abbiamo terminato la via, non abbiamo raggiunto la vetta delle Grand Jorasses, ma per me la felicità, la soddisfazione di aver fatto del nostro meglio, di aver preso le giuste decisioni è immensa. Cosi come immensa è la gioia di aver vissuto questa grande avventura con il mio compagno di vita, l’unica persona con cui andrei davvero ovunque, fosse anche a Mordor!


A volte ripenso alla sfortuna che abbiamo avuto a non riuscire a finire la via così vicini all'uscita. Ma è un pensiero sterile e di origine egoica. 
Abbiamo dato tutto quello che potevamo dare e siamo riusciti a scendere con le nostre gambe da un posto decisamente remoto e pericoloso. Siamo riusciti a divertirci pur faticando e ingaggiandoci e abbiamo imparato tantissimo. Bisogna solo essere grati per la stupenda e intensa avventura che abbiamo vissuto insieme e che sicuramente non dimenticheremo facilmente.


Riguardo alla via è sicuramente una via di grande classe e bellezza. Tuttavia non so quanto la consiglierei. Lo scherzo che ci ha fatto a noi della cascata di fusione sul tiro di A1+/A2 o 7a è un evenienza abbastanza imprevedibile e difficile da gestire. Noi siamo andati dopo oltre due settimane senza nevicate e dopo qualche giorno di zero termico intorno ai 3500-3800. I giorni della nostra salita lo zero era oltre i 4000m nelle ore più calde mentre nella notte c'era un buon rigelo. La cascata si è formata nel pomeriggio mentre al mattino non c'era. La portata era tale che ci avrebbe lavati fino alle mutande a quasi quattromila metri e sarebbe stato quasi un problema respirare sotto il flusso...
Peraltro questa via nelle ultime lunghezze rimane più esposta alla caduta di sassi rispetto alle altre sulla stessa parete.