SPERONE FRENDO - LIGHT AND SLOW agosto 2012

Versante Nord della Midi

i primi interessanti passi di 3° (secondo Vallot..)





Verso la fine della parte rocciosa. Roccia super e grande ambiente!



Si fa tardi


Forse c'è un po' di ghiaccio

La cima della parte  rocciosa

la superba cresta nevosa

Il rognone finale

Serafino

alla scoperta del ghiaccio nero e delle su conseguenze sui polpacci!

Dai che manca poco!



Estate 2012: tanta ambizione, poca esperienza e una certa bruttezza tecnica.
Sogno grandi salite e bramo un agosto all'insegna dell'alpinismo noncurante della vita sociale, della figa o di qualunque altro aspetto dell'esistenza.
Serafino ha qualche giorno di ferie. Abbiamo due giorni di bel tempo consecutivi e decidiamo di lanciarci sullo sperone Frendo all'Aiguille du Midi.
La stagionata guida Vallot di cui disponiamo ce lo vende come un onesto D con alcuni passi di IV, tempo di percorrenza 6-8h. Noi siamo ancora così illusi da pensare che le valutazioni della Vallot siano oggettive e proporzionate.. Serafino ne viene dalla Kuffner (D 6-8h) percorsa in sette ore quindi chi può avere problemi sul Frendo?
Guardando su internet leggo di gente che bivacca ma nella mia tracotanza penso che siano degli imbecilli. Così si decide per un approccio fast and light con abbigliamento minimo, zero fornello, tricam al posto dei friend per risparmiare peso (??) e uno zainetto microscopico che usavo per andare all'università.
Per la prima volta siamo a Chamonix, la capitale mondiale dell'alpinismo e ci sentiamo proprio dei provincialotti in mezzo ai colorati ed elegantissimi alpinisti che ci circondano . Sbucati dal traforo ammiriamo alla nostra destra il magnifico ghiacciaio des Bossons che scende azzurro in mezzo a boschi di abeti quasi fino alla strada.
Poco oltre la parete nord dell'Aiguille du Midi solcata da vari speroni tra cui il nostro.
Arrivati al Plan de l'Aiguille in funivia marciamo per sentiero verso l'evidente nonchè imponente (!) sperone. Qualche numero da circo per passare il brevissimo ghiacciaio e siamo alla base.
Serafino giustamente decide di togliersi i ramponi sotto il tiro dell'orrido ed enorme canale a sinistra dello sperone che scarica a intervalli regolari comodini di varie forme. Ma evidentemente ha un ottimo karma e viene risparmiato.
Saliamo su per le facili rampe iniziali e siamo al sicuro. Arriviamo abbastanza sciolti ma non troppo alla base del primo tratto ripido. La Vallot parla di terzo grado ma capiamo subito che si tratta di un'altra scala. In tre tiri e trovando pure lungo raggiungiamo una zona di rocce rotte ma appoggiate. Al termine si erge un imponente bastione su cui dovremo salire con difficoltà intorno al quarto. Chiaramente anche qui troviamo decisamente lungo e il tempo passa. Sono le sei di sera quando arriviamo su una terrazza al termine della parte rocciosa.
Io vorrei proseguire verso l'uscita che sembra ad un palmo. Ma è un'illusione, in realtà son quasi 500m di pendii di neve e ghiaccio belli ripidi. Serafino è cotto e insiste per fermarsi a bivaccare e col sennò di poi sarà la scelta giusta.
Così ci prepariamo per la notte sulla nostra ampia terrazza. Ci copriamo col poco che abbiamo e ci infiliamo nei sacchi da bivacco. Siamo un po' preoccupati visto che è la nostra prima notte in parete e per giunta non programmata, ma le temperature previste non sono bassissime e dovremmo stare persino bene. Il sole cala e le Aiguilles di Chamonix alla nostra destra si incendiano. Poi mentre scende l'oscurità si accendono le luci di Chamonix sotto di noi.
Sonnecchiamo per alcune ore finchè qualche bagliore in lontananza e qualche vago tuono non ci svegliano. Sarà una perturbazione distante pensiamo e cerchiamo di rilassarci. Pian piano però la perturbazione si avvicina e capiamo che i 0,3mm di pioggia previsti nella notte potrebbero essere un po' di più.
Così prima qualche timida goccia di pioggia poi una sana grandinata con temporale annesso ci mettono in riga e ci fanno capire dove siamo. Chiusi dentro i sacchi da bivacco senza dire una parola cerchiamo di fare gli indifferenti di fronte a questa natura prepotente ma siamo discretamente terrorizzati. 
I fulmini cadono ben vicini visto che la cima della porzione rocciosa dello sperone cinquanta metri sopra di noi è un parafulmini naturale e il boato ci annichilisce. Siamo inoltre alla base di un diedro che ci scarica addosso fiumi di grandine e non passa molto tempo prima che iniziamo ad avere freddo.
Il temporale si placa dopo un'ora e infiliamo il muso fuori dai sacchi con circospezione. La luna piena fa capolino sopra le Aiguilles e illumina tutta la grandine appena caduta. E' uno spettacolo maestoso, non fosse per il freddo porco. Appena il tempo di tranquillizzarsi e un nuovo temporale viene ad allietarci la notte. Ormai ci siamo un po' abituati o quantomeno rassegnati alla situazione e la prendiamo con filosofia. Tanto non possiamo far granchè.
Col freddo addosso il respiro si fa profondo e, a sacco completamente chiuso, anche affannoso. Armeggio inutilmente con la cerniera per aprirla ma saggiamente la casa madre ha ben pensato di non renderla utilizzabile anche dall'interno. Mi impongo di mantenere la calma ma dopo un po' non c'è verso e devo chiedere a Serafino di salvarmi. Il sacco da bivacco rischia di diventare un sacco salma! Fortunatamente lui è stato meno cretino di me e ha lasciato il sacco un po' più aperto e riesce ad aiutarmi.   
Poi finalmente il maltempo cessa e col tornare del sereno l'aria si fa bella frizzante. Abbandonato ogni residuo di omofobia, ci abbracciamo stretti stretti e tremiamo senza decoro come cani.
Poco prima dell'alba riprendiamo a muoverci e raggiungiamo la cresta nevosa dello sperone. L'alba è come sempre una meraviglia e il cielo terso ci infonde fiducia.
Purtroppo dove la cresta diventa pendio incontriamo del ghiaccio duro e spacca polpacci per cui procediamo lentamente a tiri. Traversiamo a destra del rognone di rosso protogino che divide il ripido pendio in due rami e con fatica infinita ci portiamo sempre più su verso l'uscita che non arriva mai.
Ridotti a catorci umani intorno alle tre del pomeriggio siamo fuori e ci trasciniamo verso la stazione della funivia.
Siamo in assoluto i più malimbelinati nei paraggi ma è il giusto prezzo da pagare per il nostro geniale approccio leggero e lento.
Riceviamo così il nostro battesimo (a pattoni..) nel magico mondo delle grandes courses del Monte Bianco!
Torniamo a casa, torniamo più amici di prima e abbiamo fatto la via che volevamo.
E, aldilà delle ovvie considerazioni tecnico-logistiche, abbiamo imparato un segreto che ogni amante del Bianco dovrebbe conoscere: mai fidarsi troppo della Vallot!


Il Frendo è una salita bellissima e nel 2016 con Gabriele Iardella l'ho rifatto. L'esperienza e le condizioni migliori ci hanno permesso di uscire in sette ore e di goderci questa bellissima cavalcata.
La gavetta funziona!