Dopo la Sentinella Rossa |
la prima parte della via vista da Courmayeur |
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Ambiente!! |
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Verso il Col Moore |
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Col Moore |
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Sulla Peuterey |
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Col Perotti in vetta! |
E' settembre e dopo un agosto strano tra maltempo e condizioni balorde, finalmente arriva l'alta pressione! Le abbondanti precipitazioni non sono state inutili e molte delle pareti di misto delle Alpi sono in condizioni spettacolari.
Ho
appena fatto da solo Vallantetics, una lunga via di roccia sul Viso di Vallanta
e sono ben allenato sia di corpo che di testa.
La
Brenva, mio costante pallino, è in condizioni ottime e ho tre giorni a
disposizione.
Sono senza macchina ma la motivazione è troppa e decido di andare in treno.
Parto
carico di un massiccio zaino contenente anche un buon mattone come
"Delitto e castigo", fondamentale per un viaggio di sette ore
con sei cambi fino a Prè Saint Didier.
Arrivato
a metà libro e a destinazione mi ritrovo sotto un bell'acquazzone. Prendo un
autobus che mi deposita a Courmayeur e da lì proseguo a piedi verso la Palud,
dove si trova la funivia. Ha smesso di piovere e dal fondovalle si levano alti
vapori nella luce fioca del tramonto.
Finalmente arrivo in autostop al parcheggio della vecchia funivia e mi butto a dormire in un prato fradicio poco vicino.
La mattina il tempo è splendido.
Ammiro
con sano timore l'immensa parete della Brenva baciata dal sole del mattino
mentre salgo con la funivia al rifugio Torino.
Lì
trovo Gabriele con la sua ragazza. Alpinista fortissimo ma con un pessimo
rapporto con l'alta quota vuol cercare di far una via di roccia sui satelliti
del Mont Blanc du Tacul possibilmente senza vomitare.
Facciamo
un pezzo di strada insieme sul ghiacciaio facendoci due risate finchè le nostre
strade si dividono.
Raggiungo
il bivacco il bivacco della Fourche a mezzogiorno e trovo solo quattro
simpatici veneti. Il pomeriggio trascorre pigramente tra discorsi e vani
tentativi di dormire.
Alla fine ci
ritroviamo in più di venti stipati come sardine e non riesco a chiuder occhio.
Intorno
alle undici di sera esco per motivi fisiologici e la luna piena mi investe.
La
Brenva si è appena addormentata, l'aria inizia a pungere e regna il silenzio.
Sono
dove voglio essere. Mi preparo e, salutati i veneti inizio a disarrampicare
verso il ghiacciaio.
Sono
totalmente solo; nessuno scende sul ghiacciaio della Brenva. Con le mie piccozze in mano mi incammino sul
ghiacciaio pianeggiante seguito dalla mia ombra e sovrastato dall'enorme parete
coi suoi scivoli di ghiaccio scintillante.
Sono
meno di niente in questa immensità ma la luna guida i miei passi e una vecchia
traccia mi da fiducia.
Al
Col Moore devo superare una crepaccia terminale facile ma ampia abbastanza da
regalare un po' di emozioni non richieste. Oltre il colle inizio il lungo
obliquo verso la Sentinella Rossa, un torrione di granito che da il nome alla via e costituisce il principale riferimento
nella prima parte del percorso.
La
neve non è troppo ripida ma si sfonda un po' e la luna ormai è nascosta dietro
la cresta di Peuterey.
Mi
muovo per pendii, dossi, rigole e brevi tratti di misto su terreno non
difficile ma sempre un po' di ricercare.
Dopo
alcune ore sono nei pressi della Sentinella e un po' di tensione mi abbandona. Alla
mia sinistra la Major e la Pera che sembra quasi di poter toccare nelle
percezioni illusorie della notte.
Nulla
si muove nel gelo e verrebbe quasi voglia di continuare a traversare
all'infinito verso la Pera, il cuore della Brenva.
La
via più bella e più pericolosa, sembra stanotte volersi concedere inerme ma è
solo un'illusione. Da un momento all'altro il silenzio potrebbe ceder il posto
ad un frastuono assordante e tutta la poesia essere spazzata via da centinaia
di blocchi di ghiaccio.
Ritorno
alla realtà e seguo la mia via.
Più
in alto traverso quasi di corsa un largo canale esposto a cadute di seracchi
per raggiungere la costola sinuosa, una cresta poco marcata ma finalmente al
riparo.
Quindi
salgo per misto e roccia prima lungo la costola e poi sull'Escalier, un tratto di rocce
più ripide ma abbastanza appigliate. Scalo con calma e senza apprensione chiuso
nella mia bolla e sono sempre più in alto.
Le
rocce lasciano spazio ai ripidi pendi terminali che scorrono senza pericolo ma
molto vicino all'enorme seracco che sorregge tutto il peso della callotta
nevosa del Monte Bianco.
Inizia
a fare più freddo e l'aria è sempre più sottile. Batto faticosamente traccia
mentre il vento mi soffia contro la neve ancora polverosa.
Raggiungo
la cima dell'ennesimo pendio, pensando di trovarne dietro un altro, invece vedo
delle persone ferme. Più su non si sale.
Dopo
pochi minuti il cielo d'acciaio si tinge di rosso. Il
viaggio di una notte tra incertezze e solitudine si scioglie nella meraviglia
dell'alba sul tetto d'europa..
Un grazie è doveroso a Carla che ha raccattato
quel che rimaneva del sottoscritto a Chamonix dopo l'eterna discesa. Mi ha
permesso di realizzare un sogno e gliene sarò sempre grato.
DUFUR FREHEL CON USCITA BOIVIN VALLENCANT AL GPA 14/9/2014
Passa una settimana e mi trovo insieme a Michele Perotti di nuovo al bivacco della Fourche con un altro obiettivo.
La nord del Pilier d'Angle con a fianco la Pera costituisce l'angolo più severo della Brenva.
Bonatti se ne innamorò e nel 1962, compiendo un autentico viaggio nel futuro per mezzi e concezione, si infilò nell'imbuto con Cosimo Zappelli per tracciare una via immortale.
Solo negli anni '70 grazie all'evoluzione della tecnica questa parete sarà di nuovo scalata per vari itinerari che diventeranno i sogni di più generazioni.
Io e Michele non abbiamo mai scalato insieme ma abbiamo gusti e aspirazioni simili e pare che andiamo d'accordo anche in cucina...
Siamo infatti grandi amanti dell'abuso di tortellini in alta quota!
Ci ingozziamo come se non ci fosse un domani e cerchiamo inutilmente di dormire un po'.
Alle 18:30 abbandoniamo il bivacco ovviamente strapieno e ci incamminiamo verso il Col Moore. Calarsi tra i detriti per raggiungere il ghiacciaio sottostante è sempre un po' come passare le colonne d'Ercole...
E' il tramonto quando iniziamo a muoverci tra blocchi di ghiaccio e vecchie valanghe verso l'enorme crepaccia terminale.
Senza sosta ci muoviamo col cuore in gola, formiche in un mondo enorme che ci sovrasta con metri e metri cubi di ghiaccio sospeso. Troviamo la strada tra i crepacci e iniziamo a risalire il grande canale a imbuto dominato dal gigantesco seracco addormentato.
Cerchiamo di non fermarci e dopo un numero infinito di passi siamo presso le Rocce Sinuose della via Bonatti Zappelli, ormai al riparo.
Una mezza luna rossa fa capolino oltre le Grandes Jorasses e ci concede la luce dei suoi raggi.
Prendiamo fiato e spegniamo per un poco le frontali. La tensione si scioglie e osserviamo il mondo di ombre che ci circonda.
La Pera alla nostra destra è lì eterna e immobile, circondata da un universo glaciale in perenne divenire.
Saliamo il grande pendio su neve ripida ma sempre ottima fino alla barriera rocciosa superiore. Obliquiamo a sinistra su pendenze elevate ma riusciamo a procedere piuttosto velocemente in conserva.
La luna ci accompagna e illumina a giorno la parete; sotto di noi la Valle d'Aosta addormentata e coperta da una bassa coltre di nubi.
Superiamo ora la fascia di rocce con tre tiri su ghiaccio quasi verticale che ci impegnano per un po' e sbuchiamo sul pendio superiore.
Le difficoltà sono finite; ora c'è solo da faticare.
Raggiunta la vetta del Pilier, stanchi e infreddoliti, iniziamo a salire lungo la cresta di Peuterey che, pur monotona, corre letteralmente sospesa tra terra e cielo in un ambiente spettacolare.
Un tripudio di colori intorno a noi, il Pilone Centrale a un palmo, ma io ho la macchina foto rotta e il Perotti, va detto, è un fotografo piuttosto scarso.
E' l'alba e siamo vicini alla cornice terminale.
Ancora uno sforzo e la superiamo per poi crollare in vetta al Monte Bianco di Courmayeur.
Poco più in là la vetta del Bianco strapiena di gente.
Il folle sogno di una notte sospesi in un ambiente alieno e senza tempo finisce qui.
Siamo di nuovo nel bel mezzo della civiltà.
Felici, devastati e un po' rincoglioniti iniziamo a scendere...