VIA DELL'ASPIRAZIONE CORNO STELLA PARETE NORD EST (CON RELAZIONE) settembre 2013


Il diedrino d'attacco in comune col Diedro Rosso






la scaglia



I compagni di viaggio



il penultimo tiro



Premessa:
Era un periodo di fuoco sacro e disagio. Negli anni, oltre alle ingiurie del tempo, è subentrato forse un po' di quell'equilibrio a cui anelavo. Il disagio ha lasciato posto ad un po' di consapevolezza. Il fuoco non si è spento ma è diventato una brace che rischia di ardere molto a lungo ma in maniera più pacata.


Le ferie sono finite. Il rientro lavorativo è piuttosto traumatico. Mille dubbi sulle mie scelte e sul senso di ciò  che faccio.
Il lavoro che ho scelto fa per me? Sto sbagliando tutto? Faccio una vita che mi appaga o la mia è routine condita di scorpacciate di adrenalina? 
Perchè il mio alpinismo a volte sembra  più una fuga dalla realtà e dai problemi? Una fottuta droga che mi getta in un mondo dove il tempo ha un altro valore..
Perchè fuggo? Perchè quell'ambizione cieca, rude e affamata non guida il resto della mia vita?
Le montagne valgono quanto l'uomo che vi si misura. Altrimenti sono sterili mucchi di pietre diceva Bonatti. Chissà io che uomo posso essere. 
Con un lavoro che non decolla, guerriero da weekend pronto a fuggire alla prima occasione per lottare con la natura e soprattutto con me stesso.
L'adrenalina appaga e da il giusto oblio. Permette di fiatare. E la fatica aiuta, il freddo aiuta, il male aiuta a non pensare.  
E poi c'è la bellezza. La montagna è soprattutto bellezza. Ma per viverla a fondo ho bisogno di mettermi alla prova, la contemplazione non mi basta.
La vita è bella. Gli amici buoni ci sono eccome, ci sono giornate bellissime e la promessa di un domani migliore sta dentro di me.  
E intanto è metà settembre, il meteo è buono e si potrebbero fare grandi salite. Ma i miei amici non condividono le mie ambizioni o sono occupati. Per una questione o per l'altra o ripiego su progetti banali o son senza soci. Ma la voglia di grandi salite è tanta.
Così dopo aver inizialmente ceduto ad andare a far una via sulla sud del Corno con Alessandro e Serafino cambio idea e ci organizziamo diversamente. Loro andranno sulla sud, io tenterò in giornata e da solo la Via dell'aspirazione sulla nord.
Mi lasciano alle terme di Valdieri. Mentre insieme a loro preparo lo zaino son teso e lo sarò per molte ore dopo. I dubbi son tanti.
Un saluto e mi incammino lungo il sentiero. Raggiungo il gias del Lagarot all'imbrunire. C'è una lieve nebbia che sale dalla valle mentre mi incammino sulla pietraia e l'ambiente è un po' tetro.
Prendo un po' d'acqua da un rigagnolo e raggiungo il bivacco Varrone che dopo tante visite sento un po' mio. Entro e mi sistemo comodamente visto che non c'è nessuno. 
Dopo una cena fredda ma abbondante , esco un attimo per assaporare la stellata e la splendida mole nera della parete vicina. E' qui che voglio essere.
La notte trascorre inquieta; dormo poco e a tratti. Il silenzio nel bivacco è totale.
Finalmente suona la sveglia e inizia l'azione. Faccio colazione, preparo con cura le ultime cose e mi incammino sotto il peso dello zaino e della luna piena.
Prendo il passo lento, cadenzato, secolare degli uomini di montagna. Raggiunta la base del Lourousa,  monto i vecchi ramponi a cinghie di mio padre sulle pedule e inizio a risalire faticosamente il canale. La luna si è nascosta e pian piano, mentre risalgo, il sole arriva a disegnare al mio fianco la parete in tutte le sue pieghe e i suoi colori.
Sin dalla prima volta che l'ho vista un paio d'anni fa, mentre emozionato risalivo il canalone di Lourousa, ero rimasto affascinato dalla nord del Corno per la sua aria selvaggia e severa.
Dopo un numero interminabile di passi raggiungo le cengiette d'attacco su terreno detritico. Mi preparo con attenzione, assaporando la severa bellezza che mi circonda e parto su per il diedrino iniziale slegato. 
Traverso quindi lungo un' ampia cengia erbosa profumata di ginepri e mi porto alla base di un diedro verticale ma molto appigliato. 
La parete continua ripida ma lavorata e riesco in poco tempo ad arrivare a sostare sulla verticale della grande scaglia che caratterizza il tratto centrale della via.
E' bello scoprire questo pezzo di parete da solo. Capisco perchè Fulvio dice che non ama andare in solitaria su vie già percorse. Il fascino sta nell'intimità della scoperta.
Dopo aver preparato  il sistema di autoassicurazione affronto il tiro che si rivela ben scalabile e sosto alla base della scaglia. 
Sul tiro della scaglia salgo inaspettatamente bene in libera con dei bei passi atletici, arrivo ad uno spuntone e proseguo per la placchetta successiva. Questa si rivela assai delicata ma con un po' di attenzione passo e proseguo per un diedro strapiombante davvero magnifico. L'arrampicata è rude e fisica con un misto tra incastri e passaggi in opposizione.  Faccio una scomoda e incassata sosta sotto il grande tetto che visto da qui mette un certo timore. La successiva discesa e risalita sono complicate e estremamente faticose per il peso dello zaino.
L'ingaggio è tangibile: ritirarsi da qui sarebbe estremamente difficile e l'isolamento è totale ma il fascino sta anche in questo. Qui non c'è quell'illusione di sicurezza data dalla presenza di altre cordate, da una funivia o dai cellulari. Qui c'è ancora spazio per l'avventura e per l'incertezza che ogni giorno tanti cercano di sopprimere in nome di esperienze surrogate e preconfezionate.
Riparto verso il tetto dove faccio qualche metro in artificiale sul difficile traverso iniziale per poi proseguire in libera. La scalata è sempre atletica, aerea e appagante. 
Per contro la discesa e la successiva risalita sono una via crucis ma sono il giusto prezzo da pagare.
La parete finalmente si abbatte e la vista si apre verso il blu intenso del cielo sempre sereno che contrasta con i licheni giallastri che rivestono le rocce. Sono molto stanco e inizia ad essere tardi ma so di aver superato le maggiori difficoltà e la tensione un po' si scioglie. 
Seguono due tiri su difficoltà classiche e poco esposti che mi portano nei pressi della cresta sommitale.
Con alcuni passi molto esposti ma facili la seguo e raggiungo la vetta appena prima del tramonto.
Sono uscito dall'ombra della parete e sono solo, accanto alla croce, in una bellissima luce autunnale. La gioia è tantissima e mi commuovo in questo effimero istante costato così tanta fatica. Vorrei restare qui fermo a seguire il sole mentre scompare dietro le montagne dimenticando tutto in questo tripudio di colori e sensazioni.
Come spesso accade nella vita, i desideri che ci hanno pervasi per molto tempo e per la cui realizzazione abbiamo tanto lottato, se vengono appagati, ci lasciano una pienezza tanto intensa quanto fugace.
E presto tornerà la sete..
Scendo quasi di corsa giù per il pianoro sommitale e con le ultime luci trovo gli ancoraggi di discesa. La discesa va via veloce e fortunatamente senza intoppi. Riesco a comunicare coi miei amici al rifugio gridando tutta la mia gioia nella notte e tranquilizzandoli.
E così di lì a poco sono tutto rotto e carico di emozioni al rifugio dove mi aspetta un piatto gigante di pasta, acqua e buona compagnia. E nel racconto si scioglie tutta la tensione accumulata durante il giorno e il bisogno di condividere accumulato in tutte quelle ore di intensa solitudine.
Marco del Bozano è come sempre  un amico e non vuol nulla per la pasta. Al ritorno Serafino e Alessandro si confermano dei santi portandomi il megazaino e guidando fino a casa. Li ringrazio per avermi aiutato a realizzare questa piccola follia.
Segue così un ritorno alla normalità rapido e traumatico; un grigio lunedì come tanti altri.
 Ma la bellezza dell'avventura vissuta ogni tanto riaffiora e mi conforta in queste giornate uggiose. . Una sfida con me stesso che volevo affrontare e che mi permette ora di vedere più nitidamente molte cose.
La montagna da e insegna tanto ma non è la giusta cura per i problemi non affrontati. Non si può fuggire in eterno.
Le salite che facciamo poi non dicono quello che siamo, così come non lo dicono il nostro aspetto, la nostra posizione o quello che compriamo.
Siamo condizionati a tal punto dalla mentalità competitiva e arrivista che impregna la nostra società da vedere la vita attraverso filtri distorti. L'alpinismo non fa eccezione.
Spesso maciniamo salite su salite come se fossimo dei collezionisti senza soffermarci sull'esperienza che viviamo, perdendo quella sensibilità vergine che avevamo agli inizi. Diventiamo insaziabili viaggiatori che si guardano intorno meno di quanto dovrebbero.
La montagna sarebbe bello imparare a viverla con sincera gioia lasciando un po' da parte la sfida.
Muoversi in questa natura maestosa e eterna è un privilegio, un dono che dovrebbe arricchire la nostra vita e noi non ce ne rendiamo  conto imprigionati nelle nostre attrezzature hi-tech, nei nostri gradi e nelle nostre miserie.
Siamo alpinisti senza esser montanari . Turisti di elevato profilo tecnico-atletico. Fottuti cittadini.
Spero un giorno di trovare un equilibrio nella vita, una visione più ampia.
Affondare le unghie nell'essenza di una cosa permette di scoprirne il mistero. Viver come farfalle saltando da un fiore all'altro senza soffermarsi troppo non fa per me.  
D'altronde però concentrare se stessi su una sola cosa rischia di farci perdere molto altro.